Pittore italiano. Sebbene non esistano notizie certe riguardanti la sua
formazione e la sua prima attività, molti studiosi hanno avanzato
l'ipotesi che gli esordi dell'artista si siano compiuti nell'ambito della scuola
di Duccio di Buoninsegna. La sua prima opera certa è la
Maestà, datata 1315, affrescata nella sala del Consiglio del
Palazzo Pubblico di Siena. Questo capolavoro rivela un gusto per la decorazione
e una tecnica nell'uso delle sfumature di colore che si ricollegano all'arte
francese, particolarmente a quella della miniatura. Tuttavia la ricerca della
profondità spaziale attraverso una rappresentazione non intuitiva ma
razionalmente individuata, la centralità e l'equilibrio della
composizione sono elementi originali sia rispetto ai modelli d'oltralpe che a
quelli dell'arte toscana del tempo. Il libero fluire della linea supera la
scansione ritmica e ricrea un'unità compositiva non più basata,
come ancora avveniva nella
Maestà di Duccio, sulla successione
delle figure e dei gesti, ma sulla loro compattezza, mentre il ritmo lineare si
svolge in più direzioni. Sebbene tra le due
Maestà si
notino alcune analogie, soprattutto nel modellato e nel sobrio gusto
ornamentale, quella di
M. offre un'interpretazione più realistica
nel senso gotico, anche per la maggiore attenzione al particolare. Nel 1317
M. soggiornò a Napoli alla corte di Roberto d'Angiò. In
questo periodo i contatti con lo stile francese si precisarono, come è
evidente nelle opere lì compiute. Si nota una maggiore tendenza al
decorativo e all'impiego di colori smaltati in particolare nel
San Ludovico
da Tolosa che incorona il re Roberto d'Angiò del 1317 (Napoli, Museo
nazionale di Capodimonte): la figura principale viene isolata sullo sfondo
dorato, quasi vivente in un mondo separato e lontano, e la modulazione
ritmico-lineare si fa più complessa. Nei polittici per la chiesa di Santa
Caterina a Pisa e per il duomo di Orvieto, entrambi del 1320, il colore acquista
particolare importanza, si sfuma e si rinvigorisce secondo l'incidenza della
luce, suggerendo, senza mai risolverlo pienamente, il volume. Di incerta
datazione ma collocabile tra il 1320 e il 1330 è il ciclo di affreschi
della cappella di San Martino nella basilica inferiore di San Francesco ad
Assisi. Si tratta di un gruppo di opere piuttosto singolari nella produzione del
pittore senese: probabilmente per il contatto diretto con gli affreschi di
Giotto eseguiti nella medesima basilica,
M. approfondì la ricerca
chiaroscurale in funzione plastica; mantenne tuttavia la propria tendenza alla
costruzione lineare delle immagini e introdusse una costruzione compositiva
più articolata. Rimangono comunque estranee all'artista la sintesi
formale e la semplificazione volumetrica tipiche del linguaggio giottesco: le
scene della vita del santo sono descritte con ricchezza di particolari
realistici, ma sempre rispondenti a un criterio di eleganza compositiva
significativa in sé. Elementi nuovi sono anche la comparsa di uno
scenario paesaggistico e l'indagine dell'espressione dei volti, realizzata
spesso attraverso l'accentuazione dei tratti. Del 1328 è l'affresco di
Guidoriccio da Fogliano nel salone del Palazzo Pubblico di Siena, dove il
paesaggio, realistico nei particolari ma sempre sintetizzato e idealizzato,
è il vero protagonista della scena. Anche la prospettiva, appena
accennata dalla riduzione di dimensione delle costruzioni sul fondo,
contribuisce a creare un'insolita atmosfera di favola. Elegantissima la figura
di primo piano, ricca di particolari decorativi. Al 1333 risale un'altra opera
di particolare interesse: l'
Annunciazione, tavola dipinta per il duomo di
Siena e attualmente conservata nella Galleria degli Uffizi a Firenze. La
tradizionale partitura in arcate della composizione diviene pretesto per una
divisione funzionale dello spazio, separando la scena centrale, in cui si svolge
l'azione, dai due santi laterali con funzione semplicemente decorativa. Nel 1339
M. fu chiamato ad Avignone da papa Benedetto XII. Durante questo periodo
l'artista senese lavorò nel palazzo papale e a Notre-Dame-des-Doms
conobbe Petrarca, per il quale miniò il frontespizio di un codice di
Virgilio, il
Vergilius cum notis Petrarcae. Nelle opere avignonesi, di
cui solo una parte è stata ritrovata, si nota una progressiva
accentuazione della tensione drammatica e un incupimento del colore che tende a
una composizione di toni più contrastata. Con il polittico Orsini
raggiunse la notorietà in Francia; i pannelli dell'opera sono andati
perduti, ad eccezione dell'
Annunciazione, Crocefissione e
Deposizione (Anversa, Museo reale di Belle Arti); della
Salita al
Calvario (Parigi, Louvre) e della
Sepoltura di Cristo (Berlino,
Staatliche Museen). In esso riemergono suggestioni duccesche, assunte in un
metro compositivo intensamente gotico, che tiene conto delle successive
esperienze di
M. (Siena 1284 circa - Avignone 1344).